Bullismo: l’esperta, contro baby-gang cruciale intervento precoce

22 Gennaio 2018

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Minori che picchiano coetanei. Il branco che aggredisce il più debole. Bullismo che diventa ferocia. L’escalation di violenza con protagonisti i giovanissimi, in particolare a Napoli, assume contorni inquietanti. E nasconde risvolti psicologici preoccupanti, in termini di carenza di affetto e bisogno di coesione soddisfatto attraverso la devianza e la rabbia di gruppo. “Per questo – spiega all’AdnKronos Salute Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, presidente Eurodap-Associazione europea disturbi attacchi di panico – è necessario intervenire nei momenti precedenti a quello in cui il minore entra nel gruppo, magari cercando di rafforzare l’autostima dei giovanissimi e la loro percezione dei valori morali”.

L’ultimo episodio sabato sera, quando dieci ragazzini, armati di catene, hanno aggredito due studenti di 14 e 15 anni, a Pomigliano d’Arco. Solo la sera prima un 15enne era stato vittima di un branco di giovanissimi nei pressi della stazione della metropolitana di Chiaiano, periferia nord di Napoli. E ancora meno di un mese fa quattro ragazzini infierirono su un 17enne accoltellandolo.

“Le modalità con la quale vengono messe in atto le aggressioni sono sempre più o meno le stesse – nota l’esperta – La vittima viene accerchiata e non gli viene data via di scampo, iniziano gli insulti verbali, le minacce, per poi arrivare al pestaggio vero e proprio. Gli aggressori sono sempre in gruppo e sempre ben riconoscibili dal modo di vestire e dall’atteggiamento – analizza Vinciguerra – Il 75% di loro vive nelle periferie, sono ragazzi che in genere non possono contare sul sostegno familiare, che nel branco trovano la sicurezza e l’affetto che non ricevono da altre parti. Generalmente prendono a modello ragazzi leggermente più grandi di loro e si adeguano alle richieste di questi ultimi, qualsiasi esse siano”.

Furto e vandalismo per i giovanissimi, mentre i reati compiuti da minorenni in concorso con maggiorenni sono decisamente più gravi: rapina e spaccio di stupefacenti.
“Analizzando le caratteristiche di questi gruppi giovanili, è facile intuire che in realtà non si tratta di bande – prosegue la psicoterapeuta – Sono assenti regole di condotta, una struttura gerarchica definita, una buona coesione tra i membri e il controllo del territorio. Tra i giovani italiani la devianza di gruppo è molto frequente, ma vere e proprie gang, così come sono presenti negli Stati Uniti, non sono ancora un fenomeno diffuso. Questi gruppi violenti sono caratterizzati da un tipo di comunicazione particolarmente deficitario, in cui manca l’orientamento alla persona; attraverso l’uso della violenza il gruppo trova uno strumento per creare coesione. La devianza del gruppo, la violenza e il consumo di droghe rappresentano il surrogato di forme di comunicazione che non riescono ad affermarsi”.
“Si fa fatica a crederci, ma in realtà il fenomeno della violenza tra minori in Italia è un fenomeno di vecchia data – conclude l’esperta – Sarebbe necessario, in primo luogo, l’aiuto e il supporto attivo della famiglia e della scuola, cosa che ovviamente manca a questi ragazzi”.