Cocooning: quando la casa diventa il bozzolo in cui rinchiudersi in attesa che la pandemia finisca

2 Aprile 2021

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Cocooning in inglese vuol dire bozzolo. Nell’ultimo anno ci siamo rinchiusi nelle nostre case, le abbiamo rese più accogliente e abbiamo cercato di rendere più confortevole la nostra quarantena. Ma cosa succede se anche solo uscire per la spesa diventa complicato? Ne abbiamo parlato con la psicologa Eleonora Iacobelli.

In quest’ultimo anno abbiamo cambiato la nostra prospettiva sulle case che abitiamo. Da semplice ‘dormitorio’, luogo di passaggio, dove rientrare dopo una giornata di lavoro per prepararsi per un’uscita o un aperitivo, ma posti molto più abitati che da un giorno all’altro si sono trasformati in ufficio, scuola, sala ricreazione e qualche volta, per i più intraprendenti, anche in ristorante. Abbiamo scoperto gli angoli dove batte più sole, il punto in cui il Wi-Fi prende meglio, ci siamo accorti che una libreria è uno sfondo più scenografico per una chiamata su Zoom e che la poltrona in salotto è perfetta non solo per riposare ma anche per lavorare con maggior concentrazione. Abbiamo abbellito le nostre case, rendendole ancora più accoglienti. Le abbiamo tramutate in una vera e propria comfort zone. Un fenomeno che in inglese si chiama Cocooning.

Cocooning: i pro e i contro

Il film di Ron Howard del 1985 non c’entra niente con questo termine. A utilizzare il termine Cocooning per spiegare la scelta consapevole di restare in casa, nel proprio bozzolo (in inglese appunto cocoon) è stata nel 1981 l’esperta di marketing Faith Popcorn, che descrive questo comportamento come: “La scelta di restare in casa, lontani dal pericolo che c’è all’esterno”. Le case diventano luoghi confortevoli, caldi, dove è possibile svolgere qualsiasi tipo di attività, dal lavoro al tempo libero, e fungono da guscio di protezione da tutto quello che c’è fuori. In quest’ultimo anno abbiamo praticato tutti il cocooning, ma in maniera decisamente meno libera di quella che immaginava Popcorn. “Oggi le case sono il luogo di protezione per eccellenza – ha spiegato a Fanpage.it la psicologa e psicoterapeuta Eleonora Iacobelli – Dovendoci passare così tante ore le abbiamo rese confortevoli, le abbiamo adibite a luoghi di lavoro, abbiamo cercato di trovare in ogni casa uno spazio riservato per ogni abitante”. Per alcuni ormai uscire di casa è diventato impossibile, abbandonare il bozzolo è troppo rischioso. “L’altra faccia del cocooning è che oggi alcune persone hanno paura di affrontare quello che c’è fuori, si fanno recapitare la spesa, evitano anche di fare due passi nel proprio quartiere. E il confine con la fobia in questi casi è davvero molto sottile”.

Imparare a stare bene con sé stessi

Un aspetto positivo del cocooning (quando non costrittivo) è che chi lo pratica ha un rapporto molto sereno con sé stesso. “Saper apprezzare la compagnia di sé stessi può essere assolutamente positivo. Anzi la capacità di stare da soli, di riflettere tra sé e sé è auspicabile. È anche positivo e funzionale imparare a fare a meno degli altri”. Ma come in tutte le cose ci vuole misura. “Il cocooning può diventare problematico quando ci chiudiamo eccessivamente, quando ci dimentichiamo che esiste un mondo al di fuori del nostro bozzolo. Quando dimentichiamo alcune delle nostre abilità sociali e non riusciamo più a interagire in maniera serena con gli altri”.