Gli italiani sull’orlo di una crisi di ansia

22 Febbraio 2018

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Palpitazioni, tremori, sudorazione, irrigidimento, difficoltà a respirare. In una parola: ansia. A soffrirne sono due milioni e mezzo di italiani. Un esercito di ansiosi, molti dei quali ricorrono ai farmaci. Stando al rapporto Osmed dell’Agenzia italiana del farmaco, nel 2015 sono stati spesi ben 381,6 milioni di euro solo per acquistare ansiolitici. Il problema è talmente diffuso che da tempo si sta cercando di capire quali sono le origini profonde dell’ansia.

Le prospettive

L’argomento è stato al centro del congresso internazionale «Anxiety», organizzato da Italian Psychoanalitic Dialogues e Neuropsychoanalytic Association, che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma. Tra i protagonisti, Joseph Le-Doux, del Center for Neural Science della New York University e uno degli autori di uno studio secondo il quale paura e ansia dipendono da circuiti neuronali diversi. Questa teoria ha portato a un nuovo inquadramento dei sistemi neuronali implicati e ha aperto la strade a innovative prospettive terapeutiche. «La maggiore conoscenza delle origini dell’ansia e della paura all’interno delle funzioni corticali di pensiero, attenzione e memoria, con- sente – afferma Le-Doux – il miglioramento dei trattamenti che potranno adeguarsi alle caratteristiche della specifica disfunzione. Attraverso dei biomarkers sarà possibile identificare sempre più precisamente il disturbo».

Di per sé l’ansia non è qualcosa di negativo. «È una risposta adattativa a fronte di uno stimolo percepito come minaccioso o pericolo- so», spiega la psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico e direttore scientifico di Bioequilibrium. L’ansia diventa un problema quando nasce in assenza di un pericolo reale. «In questo caso diventa una risposta disfunzionale – precisa Vinciguerra – Con tutti quei sintomi che ne conseguono e che compromettono – a chi più e a chi meno – la qualità della vita. Allentare la presa e liberarsene si può». Importante è saperla riconoscere, riuscire a capire dove è il “falso” e dove è il vero. Oggi, questa distinzione, viene generalmente fatta con grande difficoltà. Le spinte esterne non vengono filtrate e il livello di allerta è sempre alto. Per molti, oggi, sembra l’unico modo per riuscire a vivere. Ma non è così. Cambiare si può.

La reazione

«Per certi versi l’ansia può essere considerata una reazione allo stress – suggerisce Eleonora Iacobelli, psicologa e autrice del libro “Bioequilibrium – Liberi dallo stress” – Una ricerca pubblicata su “Nature Neuroscience” ha evidenziato – continua l’esperta – l’esistenza di un legame biologico fra stress, ansia e depressione. È di fondamentale smettere di considerare ansia e stress cronici come fatti normali con cui dover necessariamente convivere. Quello che dobbiamo fare per salvaguardare la nostra salute è imparare ad abbassare i nostri livelli di stress e divenire più resistenti ai diversi attacchi fatti alla nostra salute».