L’amicizia è un antidoto contro le malattie. E l’età non conta

14 Novembre 2017

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Anche in età avanzata, la presenza nella propria vita di buoni amici conterebbe ancora di più, rispetto alla percezione dei rapporti coi familiari, come fattore predittivo della salute e della felicità. Inoltre, avere una vita sociale attiva riduce il rischio di depressione e prolunga la vita

CHI TROVA un amico trova un tesoro, recita il noto detto popolare. Ma, oltre che trovare le amicizie, anche mantenerle nel corso della vita o crearne nuove, in particolare in età avanzata, risulta fondamentale: lo mostra oggi un nuovo studio che afferma come questo genere di compagnia può rappresentare una fonte di felicità e di benessere, talvolta anche superiore rispetto a quella fornita dalla famiglia – che, quando l’individuo è anziano, può purtroppo essere assente oppure essere talvolta foriera di stress. Lo studio è stato realizzato dal ricercatore William Chopik della University State of Michigan ed è stato pubblicato su Personal Relationship.

L’amicizia da anziani.

La ricerca contiene due indagini: la prima ha coinvolto circa 280mila persone di ogni età, provenienti da 100 paesi diversi, a cui è stato richiesto di valutare con un punteggio la propria salute, il benessere soggettivo, inteso come senso di soddisfazione nella propria vita, e la felicità. La valutazione è stata messa in relazione con i punteggi forniti dai partecipanti sull’importanza che il rapporto con i familiari e le relazioni amicali rivestivano nella loro vita, secondo la loro percezione, il tutto studiato al variare dell’età. La misurazione ha tenuto conto anche del sesso, dello stato civile e dell’educazione dei partecipanti. In base ai risultati, in media, sia i legami con i familiari che con gli amici sono stati associati a migliori condizioni di salute e benessere complessivo. Inoltre, andando avanti con l’età, rispetto ai rapporti familiari, le amicizie sembrerebbero essere un fattore predittivo più forte, dunque avere una associazione maggiore in termini di probabilità, sia con la felicità che con la salute: in pratica, chi aveva dato un punteggio più elevato all’importanza degli amici nella propria vita aveva anche dichiarato una salute più solida. Questo, secondo l’autore, anche perché talvolta i rapporti con i familiari – definizione che nello studio include figli e coniugi ma anche parenti più lontani – possono essere percepiti come stressanti. Un risultato ancora da confermare, che sottolinea l’importanza degli amici, senza sminuire il ruolo della famiglia.

Avere buoni amici.

La seconda indagine, su più di 7mila anziani negli Stati Uniti, conferma l’importanza di relazioni di qualità: a riferire un maggior numero di patologie croniche sono i partecipanti per i quali gli amici sono fonte di stress. Al contrario, chi aveva amici in grado di fornire un supporto si è dichiarato più felice. E sono proprio questi rapporti di valore quelli che spesso superano la prova del tempo, come spiega l’autore dello studio: “ci aiutano a prevenire la solitudine, ma spesso risulta difficile mantenerli nel corso della vita – commenta Chopik – Se un’amicizia ha superato questa prova, sappiamo che si tratta di un buon rapporto, cioè di una persona a cui rivolgersi per un aiuto o un consiglio, desiderata nella nostra vita”. Al contrario, spesso si considera la ricerca di questi legami come un elemento di secondo piano nella nostra vita, aspetto che l’autore trova strano, a fronte della sua importanza, anche rispetto al benessere psico-fisico.

Il social engagement.

Non solo le amicizie, ma più in generale la partecipazione della persona alla vita sociale è un vero e proprio antidoto contro la depressione, dunque un interruttore di salute. A spiegarlo è Rossella Liperoti, Geriatra presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. “L’isolamento sociale è un fattore di rischio principale per un disturbo depressivo”, commenta l’esperta. “Oltre ai rapporti con la famiglia, secondo le evidenze scientifiche, coltivare relazioni amicali, impegnarsi attivamente nel sociale, come nel volontariato o in attività ludiche, come andare al cinema o a teatro, rappresentano comportamenti che riducono il rischio di sviluppare un disturbo depressivo”. E la rete sociale non migliora solo l’umore. “La depressione, infatti, è associata ad una peggiore prognosi delle malattie e ad una mortalità più elevata”, prosegue Liperoti. “In questo caso, ad esempio, la sopravvivenza dopo un infarto del miocardio risulta ridotta. O ancora, può accadere che un paziente diabetico controlli la glicemia con minore regolarità”. Insomma, la vita sociale allunga la vita. E la famiglia costituisce un pilastro, sia da giovani che da anziani, aggiunge l’esperta. “Ma il ruolo degli amici diventa essenziale quando la rete familiare è più debole o disgregata”.

Altro aspetto importante, il social engagement, il coinvolgimento a livello sociale, favorisce una performance cognitiva più elevata rispetto a quella che si ha quando si è meno attivi da questo punto di vista, spiega Liperoti. Confrontandosi con gli altri e svolgendo attività di gruppo, che siano fonte di piacere, si mantiene il cervello in allenamento. Insomma, il tempo dedicato ai rapporti di amicizia, soprattuto se di qualità, dovrebbe rappresentare una fetta importante della nostra vita, presente e futura, per aumentare il nostro benessere, non solo psicologico, ma anche fisico.